Il salto detto “dei Marchesini” di S. Quirico ha una storia movimentata e di lunga data, purtroppo di difficile ricostruzione. Sembra comunque possibile affermare che, in quel tratto di torrente, l’acqua dell’Agno fornisse l’energia necessaria al funzionamento di alcuni opifici proto-industriali, almeno a partire dal Settecento.
La prima richiesta mirante a utilizzare la forza del torrente in modo più razionale e sistematico risale al 1893. Essa venne fatta a nome della ditta Dal Lago, al fine di «utilizzare l’acqua dell’Agno per produzione di energia idroelettrica». L’azienda era guidata da Giovanni Battista e Camillo, «coraggiosi assuntori d’imprese per costruzione di ponti, edifici, manutenzioni stradali, miniere» secondo le parole di A. Fornasa a inizio Novecento, interessati anche alla produzione di energia idroelettrica.
Il progetto (poi rivisto nel 1901) prevedeva di utilizzare le acque dell’Agno (prima opera di presa) e anche quelle del suo affluente di destra, il Torrazzo (seconda opera di presa). Il canale derivatore di oltre un chilometro avrebbe condotto l’acqua alla camera di carico di circa 40m3, poi in una breve condotta forzata, e infine alle due turbine Francis ad asse orizzontale, accolte al pianterreno di un edificio a tre piani. L’acqua sarebbe poi ritornata direttamente nella Roggia Marzotto (della centrale del Maglio di Sopra).
La centrale idroelettrica inviava la sua energia anche ad alcuni opifici della vicina Val Leogra. Dei legami destinati a rafforzarsi quando i Dal Lago vendettero la nuova centrale alla Società Elettrica Scledense (1906). Questa la cedette poi a sua volta alla Marzotto nel 1912, che inserì così il cruciale snodo di S. Quirico all’interno della sua strategia energetica.
La centrale, ora di Eusebio Energia, è attualmente funzionante.