L’estrazione mineraria sul Monte Civillina

GEOLOGIA E ATTIVITÀ ESTRATTIVA

Il Distretto Metallifero delle Alpi Vicentine si estende dalla Valle dell’Agno alla Valle di Posina è caratterizzato da un gran numero di mineralizzazioni piombo-zinco-argentifere, di pirite, di ossidi di ferro, barite e di giacimenti di argille da ceramica, gessi e rocce industriali. Le attività minerarie si sono concentrate in particolare nelle zone di Valle dei Mercanti, Val dei Zuccanti, Val Riolo, Monte Naro, Monte Trisa, Monte Civillina, Monte Castello, Monte Guizza-Faedo.

Il monte Civillina, dal punto di vista geologico, fa parte del periodo Ladinico inferiore, appartenente al Mesozoico. È costituito da un calcare dolomitico bianco detto Calcare di monte Spitz, le cui rocce sono state interessate dall’intrusione di una serie di filoni magmatici (porfiriti e melafiri) che per contatto ne hanno provocato il metamorfismo rendendo la struttura cristallina e determinando numerose cristallizzazioni a solfuri misti e a barite a cui si alternano delle lenti di silicati manganesiferi. Nel Ladinico superiore si assiste alla comparsa di numerosi centri vulcanici che determinano la formazione di coltri di lave e materiali vulcanoclastici che colmeranno i bacini; la conseguenza di questa attività vulcanica è la mobilizzazione di minerali all’interno delle rocce con la comparsa di aree minerarie.

Ciò ha dato origine ad un’attività estrattiva nota fin dal tempo dei Romani, che ha avuto il suo sviluppo maggiore nel corso del ‘400 – 500 ad opera della Serenissima Repubblica, la quale, attraverso le “investiture”, concessioni ai privati per la ricerca e la coltivazione delle miniere, favorì il sorgere di varie società per l’estrazione di argento, piombo, zinco, bario e altri minerali. L’attività proseguì con meno intensità anche nei secoli successivi, fino a tempi relativamente recenti, per l’estrazione della galena e del manganese, del caolino e della quarzite.

Oggi non vi è più alcuna attività estrattiva; rimangono, alcune tracce di questa attività come gallerie ancora aperte o chiuse, avvallamenti nella costa del monte, accumuli di materiale di escavazione in alcune aree.

IL DOMINIO DELLA SERENISSIMA PER L’ESTRAZIONE DEL MANGANESE DIRETTO ALLE VETRERIE DI MURANO

La zona del Civillina interessata dalla presenza di minerali si estende sia verso Val Retassane che verso il Monte Cengìo.

Sin dal 1500 nei pressi dell’ex rifugio Civillina fu impostata una galleria deno- minata “Santa Barbara” (n. 32) riattivata nel XX secolo insieme alla “Sant’Anna”. Durante il dominio della Serenissima e fino alla fine dell’800 furono effettuati gli scavi (n. 34-35-36-37) per la ricerca del manganese per le vetrerie di Mu- rano, utilizzato come sbiancante per il vetro. Nel XX secolo si avvicendarono numerose società con concessioni per la ricerca di manganese, barite e zinco.

LA FONTE CATULLIANA E IL COMMERCIO DALL’ACQUA FERRUGINOSA

Nel 1801 Giovanni Catullo nei pressi del rifugio Fonte Civillina coltivò la “piro- lusite” (un ossido di manganese) lavorando su scavi antichi e aprendo nuove gallerie. Successivamente, conoscendo le proprietà curative dell’acqua che sgorgava nel fondo di cui aveva l’investitura, decise di sfruttarla commercial- mente. Si trattava di un’acqua ferruginosa-arsenicale e, nel 1818, dopo aver effettuato le opportune analisi, l’acqua fu ritenuta curativa ed ottenne la licenza dalla sanità Continentale per la vendita.

In quella che fu denominata “Fonte Catulliana” vennero realizzate delle opere al fine di raccogliere e convogliare l’acqua che trasudava dalla roccia e dirigerla in una vasca di raccolta che inizialmente era in legno e creta e successivamente in pietra.

Nel 1888 la fonte divenne di proprietà del comune di Recoaro, che la cedette per alcuni anni in locazione. In questo periodo la fonte del Civillina era una località rinomata per i benefici delle acque che si potevano consumare fino alla metà del XX secolo quando l’area e l’albergo vennero chiusi.

ARCHEOLOGIA MINERARIA

Dal punto di vista archeologico, il Civillina è una delle aree più ricche del distretto minerario Recoaro-Schio e questo deve aver attirato l’uomo fin dai tempi più antichi.
Attraverso le ricerche del Progetto Agno-Leogra sono state rinvenute tracce di frequentazione databili alle fasi iniziali dell’età del Ferro nei pressi di un’antica miniera. Sulla cima della montagna le campagne di scavo hanno portato alla luce i resti di un piccolo insediamento d’altura nel quale sono stati rinvenuti frammenti ceramici, uno spillone bronzeo e attestazioni della prima lavorazio- ne del metallo.